WWW.ARCHIVIOTORO.IT
info@archiviotoro.it
errori@archiviotoro.it
Campo Testaccio
01/11/1942
h.14.30
ROMA - TORINO 0-4 (0-4)
Roma
: Masetti, Brunella, Acerbi, Donati, Mornese, Bonomi, Krieziu, Cappellini, Amadei, Coscia, Pantò. All.: Schaffer.
Torino: Bodoira, Cassano, Ferrini, Baldi, Ellena, Grezar, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris. All.: Kutik.
Arbitro: Balrlassina di Milano.
Reti: Gabetto 13', Menti 14' rig., 35', Ferraris 32'.
Spettatori: 30.000 circa per un incasso di oltre 300.000 lire.
Note: Mornese ha fallito un calcio di rigore.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 2 dicembre 1942]
Tutto è stato deciso nel primo tempo, anzi in una metà, la metà centrale, della durata del primo tempo: nei 23 minuti, per essere precisi, che vanno dal 12' al 35'. Al 12' un lungo centro di Menti metteva in possesso Ferraris, questi rimandava raso terra davanti la porta, Gabetto entrava in corsa e segnava di prepotenza a mezza altezza, sparando nella direzione contraria a quella in cui si trovava lanciato Masetti. Al 23' Donati, nel cercare di rinviale lontano e affannosamente la palla, commetteva un mani in piena area di rigore, proprio sotto gli ocelli dell'arbitro, al quale null'altro rimaneva che accordare il rigore. Esecutore era Menti, che con violento tiro basso non dava modo a Masetti nemmeno di abbozzate la parata. Al 33' Loik e Menti avanzavano d'intesa, Loik centrava alto, Ferraris interveniva portandosi al centro e segnava con violenza nell'angolo lontano. Due minuti più tardi Menti approfittava di un malinteso tra due romanisti, al intrufolava, sparava di sinistro e, colpendo il montante, spediva nell'angolo alto sulla destra di Masetti. Una gragnuola di quattro reti. Poi silenzio fino al termine. Un silenzio interotto qua e là da qualche allarme, però. Prima di aprire la marcatura, il Torino aveva già gettato l'orgasmo nella estrema difesa romanista a mezzo di un paio di secche puntate offensive che avevano sfiorato il successo. A quarto punto ottenuto, nuovi larghi varchi erano stati aperti nello schieramento di retroguardia della squadra di casa, con nuovi pericoli per la rocca difesa da Masetti. E, fra il terzo e quarto punto, un minuto dopo l'uno e un minuto prima dell'altro, il Torino sì era visto appioppare un rigore per un salto di Ellena su di un avversario, salto motivato da un rinvio di testa. Tirava Mornese, e falliva il bersaglio. Quattro a zero a metà tempo, era un successo che il Torino non sperava, e un rovescio che la Roma non si aspettava. Una sorpresa un po' forte per ambo le parti. Tanto forte, che da essa i due contendenti non riuscivano a ripetersi nella ripresa. Il Torino, come incredulo, si preoccupava di vivere sul vantaggio, e non spingeva più a fondo. La Roma, come sbalordita, svolgeva un giuoco nervoso, sconnesso, privo di precisione. La pressione prolungata la esercitavano i romanisti, senza riuscire ad altro che a colpire la base di un montante su tiro di Amadei. I contrattacchi, secchi, veloci, energici fino all'area di rigore, li conducevano i granata: con un po' più di convinzione in area, il Torino avrebbe potuto segnare un altro paio di volte. A porta vuota e a un metro dalla linea, Loik mancava, ad esempio} una rete già tutta fatta. Una squadra in stato di grazia e l'altra a catafascio. Il giuoco svolto dal Torino nel primo tempo e nell'impostazione dei contrattacchi della ripresa è stato una cosa bella. Giuoco veloce, vario, in profondità, eseguito senza tenere la palla, con pronti smarcamenti, con frequenti cambiamenti di posizione e un lavoro di rifornimenti da parte dei mediani laterali encomiabile per continuità, se non per precisione. E' il progresso della squadra in quanto a lavoro di costruzione, che continua. E' Loik che ha migliorato notevolmente; Mazzola che giuoca franco, per quanto ancora un po' precipitoso nei passaggi; sono le due ali che hanno ritrovato incisività; è Gabetta che, quando trova spazio in cui manovrare, è sempre pericoloso. E' la squadra che è lanciata verso il suo miglior grado di for ma. Il quale, per chi conosce gli uomini, non è ancora quello di ieri. La difesa, fra altro, non ha seguito l'attacco nella via ascensionale, che il suo secondo tempo è stato a tratti incerto e nella posizione e nell'intesa. Due circostanze sfavorevoli per la Roma: una giornata nera e un avversario in vena. Del secondo si è detto. La prima circostanza è forse collegata alla seconda. Se si eccettuano gli spunti individuali e le volatine delle due ali, l'attacco non ha combinato nulla di buono, nemmeno nel secondo tempo, quando la situazione gli era favorevole. E la difesa ha ballato come una nave in tempesta. Questa difesa che non esercita una marcatura stretta sull'avversario, e che affronta le offensive un po' sullo stile delle tenzoni tra Orazi e Curiazi, ha bisogno di essere più veloce dell'attacco di chi le sta di fronte: quando ha a che fare con qualcuno più pronto e più rapido, rivela di colpo errori di posizione che prima a malapena si notavano. Questa Roma è crollata troppo rapidamente e troppo rumorosamente perché la prova venga presa come un indice del suo vero valore. Di solito essa vale di più di quanto non abbia mostrato ieri. L'incontro, giuocatosi in giornata serena e su un campo in buone condizioni, è stato disputato nel segno della massima correttezza.