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Olimpico di Roma
15/01/1961
h.14.30
LAZIO - TORINO 1-0 (1-0)
Lazio
: Cei, Molino, Eufemi, Carradori, Janich, Carosi, Bizzarri, Pozzan, Rozzoni, Morrone, Franzini. All.: Carver.
Torino: Vieri, Scesa, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Ferrario, Danova, Cella, Tomeazzi, Ferrini, Crippa. All.: Santos.
Arbitro: Jonni di Macerata.
Reti: Aut.Ferrario 20'.
Spettatori: 23.000 circa, di cui 15.000 paganti circa per un incasso superiore agli 8 milioni.
Note: Diverse fonti attribuiscono la rete a Rozzoni. Cielo coperto, terreno molto pesante, calci d'angolo 6-5 per la Lazio. Ammoniti Franzini e Carradori.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 16 gennaio 1961]
Questa partita di Roma, il Torino l'ha perduta nel modo più insulso che sia possibile di immaginare. L'ha perduta per un'autorete, in sé piuttosto dubbia, giocando contro una squadra che di proprio non ha combinato nulla, assolutamente nulla, l'granata hanno giocato male, questo va apertamente riconosciuto: forse la peggiore partita della corrente stagione. Sono stati lenti come mai finora, proprio essi che erano stati fino a questo momento una delle unità più spigliate e più veloci delle diciotto squadre presenti nella massima divisione del campionato. Attardandosi sulla palla e facendosi battere soventissimo, sullo scatto, essi hanno favorito senz'altro un avversario che, rare eccezioni a parte, una reale capacità di gioco non la possedeva, o per lo meno non l'ha messa in evidenza. I giocatori torinesi attribuiscono questo loro comportamento molto incerto alle pessime condizioni del terreno di gioco. Effettivamente esso era pesante quanto mai. In tutta Italia il maltempo è diventato oramai uno stato di cose comune e generale; qui a Roma invece della neve e del gelo si ha a che fare con le conseguenze della pioggia a rovesci. Piove sempre. Nella capitale aveva piovuto sabato e dell'acqua ne era caduta anche ieri mattina. Su quel terreno molle e fradicio il piede dei giocatori affondava fino alia caviglia. La prima linea del Torino, composta com'è di giocatori molto giovani e molto leggeri, pareva fatta apposta per soffrire di un simile fenomeno. Il settore di avanguardia granata pareva appiccicato, quasi ingommato al terreno. Malgrado questo notevole svantaggio gli ospiti avrebbero potuto benissimo chiudere l'incontro alla pari. E' stata un'autorete a decidere delle sorti della giornata. Un'autorete che è opportuno che venga descritta subito, sia per la sua natura speciale, come per la importanza che ha finito per, avere nel complesso dell'incontro. Si era giunti all'incirca al 20' minuto del primo tempo con una situazione di punteggio incompromessa da una parte e dall'altra. Azione laziale sulla destra, che si conclude con un centro lungo e alto. Vieri si fa incontro alla palla, e viene scavalcato, per quanto si protenda verso l'alto, dalla traiettoria tesa e veloce. Dietro di lui stanno parecchi giocatori dell'una squadra e dell'altra. Ricevendo da Franzini, Rozzoni devia di testa verso la rete. Scesa, che gli sta dietro, potrebbe respingere facilmente di festa anche lui ma sente dietro di sé la presenza di Ferrario e lascia a lui la palla. Ferrario potrebbe rimandare di destro, ma egli preferisce poggiarla col ginocchio destro sul piede sinistro di cui è più sicuro. In effetti il giocatore granata rinvia. Ma contemporaneamente, su richiesta di qualcuno dei laziali, risuona, il fischio dell'arbitro. Sostiene il giudice di gara che il piede sinistro di Ferrario si trovava oltre la linea della porta al momento del rinvio. Il che non vorrebbe ancora dire in sé che anche la palla si trovasse oltre la linea in quell'istante. Ferrarlo sostiene apertamente il contrario. L'arbitro comunque addita il centro del campo e malgrado le non insistenti proteste di qualcuno fra i granata, rimane fermo sulla sua decisione. Prima - nei 30 minuti iniziali della partita - l'unica occasione favorevole che si era presentata per segnare era Danova che, portatosi al centro del campo, sfuggiva improvvisamente alla sorveglianza dell'intero blocco difensivo laziale, avanzava da solo e si presentava isolatamente di fronte al portiere che gli era uscito incontro. Attimo di sospensione, perché bastava che l'attaccante deviasse la palla in direzione di un angolo perché il gioco fosse fatto. Danova invece calciava decisamente la terra invece che la palla, e quest'ultima, colpiva sul petto il guardiano della rete. Danova si feriva al piede sferrando la botta, e doveva rimanere fuori del campo qualche minuto per farsi medicare. Qualche istante dopo l'autorete, presunta o veritiera di Ferrario, su un'azione piuttosto complessa Cella, venutosi a trovare in ottima posizione sulla mezz'ala destra, sparava al volo decisamente anche lui sul portiere e la occasione del pareggio veniva così a sfumare. In tutto il rimanente del primo tempo, più nulla di notevole emergeva dal lungo guazzare sul terreno molle e appiccicoso. Tutta la parte centrale di questo primo settore dell'incontro passava nell'undici laziale che la facevi da dominatore territoriale ma che non riusciva a combinare assolutamente nulla di preciso o di concreto. Appena iniziata la ripresa, l'oriundo Morrone - un ragazzo che vale ma che su quel terreno naufragava anche lui - sferrava un tiro che sfiorava la traversa. E poco dopo Morrone ancora segnava sfuggendo a tutti, ma l'arbitro annullava per un paio di falli flagranti precedentemente fischiati. Morrone ancora balzava in evidenza più tardi quando su un bel centro proveniente dalla sua sinistra egli sparava forte ma altissimo sopra la sbarra trasversale. Rozzoni ancora spediva di testa a lato su situazione favorevole. Negli ultimi venti minuti della partita, Ferrario, passava decisamente in prima linea. Il settore d'avanguardia granata acquistava cosi finalmente un po' di peso e prendeva a sua volta a dominare. Ed a tre minuti dal segnale di chiusura dell'incontro il Torino mancava la sua più bella occasione di pareggiare, dopo di avere stretto d'assedio piuttosto a lungo la rocca laziale. Un assedio, tra parentesi, nel corso del quale i granata avevano reclamato inutilmente un calcio di rigore per un fallo di mano di un difensore che voleva impedire a Canova di entrare in azione. A tre minuti dal termine dunque, con l'area laziale piena zeppa di uomini. Ferrario, ricevendo un passaggio breve da Bearzot, faceva partire un gran tiro in rete, quasi a bruciapelo. Il portiere Cei, che era reduce da due o tre balzi felini da un lato all'altro della rete, da terra dove si trovava, allungava una mano e deviava fortunosamente il tiro. Era destino che il Torino non pareggiasse.