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Cibali
22/01/1961
h.14.30
CATANIA - TORINO 0-0
Catania
: Gaspari, Michelotti, Giavara, Ferretti, Grani, Corti, Macor, Biagini, Calvanese, Prenna, Morelli. All.: Di Bella.
Torino: Vieri, Scesa, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Invernizzi, Danova, Ferrario, Tomeazzi, Ferrini, Cella. All.: Santos.
Arbitro: Angelini di Firenze.
Reti: -
Spettatori: 30.000 circa.
Note: Pomeriggio rannuvolato con squarci di sereno e spruzzi di pioggia. Un forte acquazzone, seppur di breve durata, si é abbattutto sullo stadio durante il secondo tempo verso il 15'. Calci d'angolo 8-3 per il Catania. Lievi infortuni per Bearzot, Ferrini e Morelli.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 23 gennaio 1961]
Il punto di classifica che il Torino ha portato via da Catania ha il suo valore. Tanto era stato immeritato quello che esso aveva perduto a Roma otto giorni prima, quanto è stato meritato quello realizzato questa volta. Può anche parere strano parlare di merito con riferimento ad una squadra che è stata dominata e che nel corso di una partita non ha fatto che difendersi prevalentemente. Ma è così. I granata, in questo incontro sul suolo siciliano hanno praticato la difesa con un senso d'ordine, di disciplina, di concordia e di intelligenza tale che non è possibile non riconoscerne i meriti. Il Tonno, finché si è nella stagione climatica attuale, non può imporsi all'attacco. La sua prima linea, lasciata a sé, gioca bene, ma non segna. E' troppo leggera. Giocherà meglio, anche come efficienza, su terreni che siano leggeri anch'essi: questa primavera e questa estate. Ora si esibisce, ed impressiona anche. Perché ogni suo singolo uomo possiede un controllo della palla che è eccellente. Perché ogni suo singolo elemento è svelto, veloce e intraprendente: gli manca il peso, e gli manca l'esperienza. Particolarmente al momento culminante delle azioni. Quello che manca verrà più tardi, più avanti negli anni: in omaggio a una legge di natura, per derogare alla quale il metodo non è stato trovato ancora. Qui a Catania, per intanto, è successo che la squadra che stava subendo il predominio avversario e che è stata stretta d'assedio per i buoni tre quarti della partita, ha finito, per comandare praticamente l'incontro. Gli ha impresso il tono che ha voluto, gli ha conferito il ritmo che ha desiderato, ha convogliato l'avversario dove meglio le è convenuto. E ha fatto tutto ii rimanente con ordine e disciplina. Forse la stessa cosa non sarebbe successa se il Catania avesse disposto di uomini più freschi e meno affaticati. Tre partite nel volgere di otto giorni, un giocatore - o una serie di giocatori come è una squadra di calcio - può benissimo sostenerle senza notevoli effetti sul sistema fisico o su quello nervoso. Ma ci vuole l'abitudine. Come per ogni cosa di questo mondo. Questa abitudine, il giocatore inglese la possiede da lungo tempo: il nostro no. Ragion per cui le conseguenze sono quelle che sono, cioè quelle che sono emerse ieri. Questa volta, i catanesi hanno dimostrato di risentire dello sforzo, per lo meno nel senso della mancanza della freschezza e della spontaneità. Ed essi avevano aggravato volontariamente la loro situazione, nel senso che avevano lasciato a riposo un paio di uomini di valore per poterli avere a disposizione, freschi e ben disposti, domenica prossima. C'è gente che gioca forte, nell'undici catanese. Specialmente di testa. Specialmente nel gioco alto. Anche perché le condizioni del loro terreno, non uniforme e non perfettamente regolare, non permettono di fare prodezze col gioco raso a terra. Giocando alto, essi hanno trovato questa volta avversari adatti, nei difensori granata, particolarmente in Invernizzi. La testa di questo ultimo è spuntata questa volta decine e decine di volte, a rompere tutte le iniziative e a risolvere tutte le situazioni create dagli avversari, in modo franco e sicuro. E i catanesi non hanno mai cambiato metro nel loro gioco: hanno sempre continuato allo stesso modo. Hanno giocato, cioè, in quantità, ma non in qualità. Finché hanno finito per rompersi la testa, come contro un muro. E la giornata ha finito per generare un risultato che nel suo complesso è stato favorevole a chi pareva condannato a perdere. Se non fosse stato per l'errore arbitrale di Roma otto giorni prima, i granata sarebbero rientrati a Torino dalla loro lunga trasferta con metà della posta in tasca: con due risultati di parità, cioè. E non avrebbero rubato nulla a nessuno.