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San Siro |
07/05/1961 |
h.15.30 |
INTER - TORINO 1-1 (0-0) Inter: Buffon, Picchi, Gatti, Bolchi, Guarnieri, Balleri, Bicicli, Morbello, Firmani, Lindskog, Corso. All.: Helenio Herrera. Torino: Soldan, Scesa, Buzzacchera, Invernizzi, Lancioni, Cella, Danova, Mazzero, Tomeazzi, Ferrini, Crippa. All.: Santos. Arbitro: Jonni di Macerata. Reti: Mazzero 57' (T), Firmani 76' (I). Spettatori: 37.555 paganti per un incasso di 33.381.340 lire. Note: Giornata primaverile, terreno in ottime condizioni. Calci d'angolo 6-3 per l'Inter. Cronaca [Tratto da La Stampa dell' 8 maggio 1961] A quindici minuti dalla fine il Torino vinceva per uno a zero; un minuto dopo la vittoria era sfumata. Restava, sì, un più che onorevole pareggio, ma ormai il palato stava assaporando un altro gusto, i giocatori apparivano eccitati da un successo clamoroso che praticamente sembrava già raggiunto, e non era facile rassegnarsi ad una rinuncia che voleva dire perdere la gemma più bella della stagione. La fine è stata infatti accolta dalla squadra granata con segni evidenti di malumore. Un gesto di dispetto di Danova espresse lo stato d'animo di tutti: disappunto, dolore, rancore. Erano convenute cinquantamila persone allo stadio di San Siro per assistere a questa partita che sembrava non avere che uno scarso interesse. Lassù sulla gradinata più atta si erano raggruppati i tifosi granata giunti da Torino coi loro bandieroni. Più volte il grido di ''forza Toro'' era disceso sul campo a sospingere i giocatori nella lotta, pareva che fosse finalmente giunta la giornata buona. Al fischio finale i bandieroni venivano ammainati, nessun applauso, la vittoria sfuggita aveva quasi l'amaro di una sconfitta. Resta al Torino la consolazione di aver fatto tremare l'Inter, lo squadrone che si diceva risorto, risanato e rilanciato. Purtroppo è una consolazione che non ha l'equivalente che già si pregustava nella classifica, forse lo si capirà meglio più avanti, ma per ora resta il dispetto di non aver colto tutto quanto la partita sembrava promettere. La grande occasione è sfuggita ma il Torino si è comportato a San Siro con lo spirito della sua grande tradizione: un manipolo di combattenti, una pattuglia lanciata in una lotta che pareva disperata e che allo stato dei fatti risultava inveita pienamente all'altezza delle sue forze, una enorme volontà in azione, la volontà caparbia di chi sa di dover lottare contro un avversario superiore ma che sente di aver la forza di sbarrargli la porta in faccia. Fosse stato solo per il suo grande animo la squadra granata avrebbe meritato proprio ciò che il destino le ha tolto. Per tutto il primo tempo la partita era stata al disotto di quanto di meno modesto si sarebbe potuto prevedere. L'Inter dominava ma andava al piccolo trotto ed il Torino la seguiva poiché non aveva interesse ad eccitare l'avversario. La squadra granata aveva adottato il suo solito schieramento: Lancioni sul centravanti, Invernizzi libero, Cella a centro campo con Mazzero e Ferrini. Lo schieramento diceva che il Torino si preoccupava più di difendersi che di attaccare. L'attacco nerazzurro gravitò infatti sulla difesa granata per tutto il tempo, con larga superiorità, ma con una manovra nervosa, fatta di molti spunti e di poco ordine, una manovra confusa, arruffata, che portava all'offensiva più massa che un gioco vero. Il Torino affrontò la situazione a ranghi serrati, attento alle marcature, riducendo a soli tre uomini, e spesso anche meno, il suo reparto d'attacco, impegnandosi a tratti in azioni di contropiede che mancando di consistenza avevano più che altro un compito di alleggerimento. Non creò infatti in tutto il primo tempo che una occasione da rete, e fu al 39', nella continuazione di un calcio di punizione battuto a venti metri dalla porta dai nerazzurri. Mazzero ricuperò il pallone a sette od otto metri dalla rete e tirò su Buffon in uscita: la palla violentemente deviata dalle mani del portiere usciva in corner. L'Inter appariva slegata ma soprattutto lenta, in contrasto evidentemente con la rivoluzionaria tattica di Herrera, una lentezza che accresceva la grande magra di gioco, a voi te addirittura ristagnante. Un solo uomo nelle sue file vera mente all'altezza della situazione: Corso, ma purtroppo lento anche lui e obbligato ad accentuare le sue virtù di palleggiatore allo scopo di cercare una conclusione personale, visto che coi compagni il filo dell'azione non faceva tela. Tale gioco favoriva naturalmente la manovra difensiva del Torino. Nulla di meglio per una difesa che affrontare un gioco lento. I granata sfruttarono tutte le risorse della loro tattica ed ebbero anche la loro parte di fortuna. Firmani in una fuga isolata all'11' mancava per un soffio il gol calcian do alto la sfera avuta da un rimpallo con Invernizzi a pochi metri dai pali. Al 30' Soldan si salvava con un tuffo sui piedi di Firmani, un tuffo di grande rischio che lo lasciava per qualche istante a terra. Due traversoni di Corso al 9' e al 30' passavano rasoterra ad un metro dalla porta granata senza che all'estrema opposta apparisse Bicicli a sospingere la palla nella rete. Un terzo traversone di Firmani al 37' aveva lo stesso esito. La folla invocava Bicicli, due volte mancato all'appuntamento, ma si aveva l'impressione che tutto l'attacco nerazzurro fosse frastornato dalla ridda di ostacoli fra i quali doveva aggirarsi nell'area granata. Nella ripresa il ritmo si accelera. L'Inter aveva compreso che ad andar lenti non si faceva strada. Passavano pochi minuti, tutti occupati da attacchi interisti. All'11' un contropiede di Crippa e Danova, le due punte più pericolose dell'attacco torinese, metteva in difficoltà la difesa nerazzurra, ma mentre i due granata erano ormai sgusciati fuori dalla difesa, il fischio dell'arbitro fermava il gioco per un fallo di Gatti su Danova avvenuto un attimo prima a un metro dal limite dell'area. Tirava la punizione Mazzero: la palla passava sfiorando il ''muro'' difensivo e si insaccava nella rete quasi all'angolo alto, alla sinistra di Buffon. Il gol era su tutto simile a quello già realizzato dallo stesso Mazzero nella partita di Coppa Italia col Milan. Abbracci che non finivano più fra i granata. C'era da attendersi la reazione dell'Inter e difatti essa venne. L'offensiva assunse a tratti l'aspetto di un assedio, ma il Torino pur chiudendosi in una difesa anche più stretta, non trascurava le possibilità di contrattacco. Al centro campo stazionava il solo Tomeazzi contro Guarneri che lo sovrastava di tutta la testa e non gli lascia va una palla. Gli altri erano occupati a saltare lo sbarramento difensivo, ma appena si profilava uno spunto di contropiede, Crippa, Mazzero e Danova apparivano pronti in linea a dare consistenza all'azione. In una di queste manovre al 22', Buffon era costretto ad effettuare un difficile salvataggio su Danova, ma qualche minuto dopo, al 28', Soldan doveva lanciarsi in tuffo sui piedi di Lindskog per salvare una situazione quasi disperata. Si era ormai alla mezz'ora, ancora un po' di fiato e la vittoria era salva. Ecco al 31' un lungo rilancio a Bolchi proiettato a lunghe falcate per raggiungere la palla, ma fra l'avversario e quest'ultima si inseriva Invernizzi che controllava l'uscita della sfera dalla linea di fondo a circa due metri dal montante alla destra di Soldan. La palla perdette di velocità, sembrò fermarsi ad una spalla dalla linea bianca, Invernizzi se ne preoccupò, non volle cavarsela con un corner, e avrebbe fatto meglio, si girò verso la porta e toccò la palla nell'intento, crediamo, di passarla a Soldan. Due errori: Soldan era già uscito dai pali e ad ogni modo il passaggio era troppo lento. Fulmineamente Bolchi si staccò dalla schiena di Invernizzi, raggiunse la palla e la passò a Firmani che a distanza di pochi passi attendeva. Un tocco e il pareggio era fatto. Incubo allontanato per i nerazzurri, speranza delusa per i granata. Quello che avvenne dopo non ha più importanza. L'Inter cercò di completare il rovesciamento della situazione, ma trovò la via sbarrata e sbagliò anche molto da parte sua. Al 43' Scesa era costretto ad uscire dal campo, zoppicante per uno scontro con un avversario. Le ultime battute furono disordinate. A un minuto dalla fine Danova falliva di poco un tiro che sfiorava il montante, ma comunque Buffon era già pronto alla parata. Che bel sogno svanito è stato per il Torino! I granata sono usciti dal campo a testa bassa, come se fossero stati battuti. Il destino aveva ancora una volta tagliato loro la strada. E' vero che un pareggio poteva essere sottoscritto a due mani, prima della partita, ma ora non più, la squadra si è sentita tradita. Eppure essa deve andar fiera della sua prova, bella per la sicurezza tattica sfoggiata, esaltante per l'impegno in essa profuso, ammirevole per la volontà e la gagliardia dimostrate. Ed il pareggio vale moralmente una vittoria. |
w w w . a r c h i v i o t o r o . i t | ||
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