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| Cibali | 
| 20/01/1963 | 
| h.14.30 | 
| CATANIA - TORINO 3-0 (1-0) Catania: Vavassori, Giavara, Rambaldelli, Corti, Bicchierai, Benaglia, Battaglia, Szymaniak, Petroni, Milan, Vigni. All.: Di Bella. Torino: Vieri, Scesa, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Poletti, Gualtieri, Ferrini, Hitchens, Locatelli, Crippa. All.: Ellena. Arbitro: Roversi di Bologna. Reti: Milan 20', Szymaniak 64', Petroni 66'. Spettatori: 16.000 circa. Note: Il Torino perde Lancioni dopo tre minuti di gioco a causa di un guaio al ginocchio, probabile rottura del menisco per lui. Al 18', sempre del primo tempo, i granata rimanevano privi anche di Gualtieri che rimaneva a lungo a bordo campo a farsi medicare prima di rientrarvi, praticamente inutilizzabile, con un ginocchio a fasciato e l'andatura claudicante. Cronaca [Tratto da La Stampa del 21 gennaio 1963] La contesa è un po' difficile da raccontare, per il semplicissimo fatto che contesa non c'è stata. Il Torino è incappato in una delle giornate nere che lo perseguitano in questa stagione, e ha giocato praticamente con nove soli uomini contro undici, dimostrando che i granata sono quest'anno perseguitati spietatamente dalla mala sorte. Raccontiamo subito gli episodi di questo ennesimo attacco della sfortuna a danno nel Torino: episodi che hanno deciso dell'esito dell'incontro, quasi prima ancora che i calciatori entrassero nell'atmosfera viva del combattimento. Tre minuti dopo che l'arbitro aveva dato inizio alla partita, Lancioni, il centromediano, rincorrendo una palla avanzava fino alla linea di metà campo. Poteva farlo liberamente e tranquillamente perché alle spalle sue era retrocesso subito Bearzot in veste di battitore libero, o di ultimo baluardo che dire si voglia. Lancioni alzava la gamba per calciare, cadeva a terra e vi restava. Non poteva infatti rialzarsi, malgrado reiterati tentativi, il ginocchio sinistro, come fosse rimasto bloccato, non si piegava più. Accorrevano il massaggiatore e un compagno o due e lo portavano sui bordi del campo. Un rapido esame della lesione induceva subito a far rientrare il centromediano negli spogliatoi, dove veniva constatato che si trattava di lesione al menisco con necessità di pronta operazione. Non vi era stato scontro con un avversario. Con probabilità erano state le condizioni del terreno, in parte disseccato e in parte allentato, tutto a chiazze e a zone per l'acqua caduta a diluvio fino all'antivigilia della partita, a causare un cedimento sotto il piede del giocatore e a provocare l'infortunio. Dieci granata contro undici, dunque: uscito Lancioni, Poletti retrocedeva a prenderne il posto e conseguentemente veniva indietro Gualtieri a sostituire Poletti. La disgrazia colpiva in pieno la squadra torinese: nel morale dei singoli e nella struttura del gioco d'assieme. Scesa e Hitchens diventavano subito nervosissimi. Il primo veniva ammonito dall'arbitro e doveva poi essere anche calmato dal suo capitano, Bearzot; il secondo perdeva decisamente la tramontana e finiva per non azzeccarne più una nel corso dell'intera partita. Si tirava avanti comunque alla belle e meglio, col Catania che ovviamente dominava e con una rete di Milan di cui diremo in seguito. Poco prima della metà del tempo, un nuovo duro colpo si verificava per i torinesi. Gualtieri, che come detto era retrocesso a prendere il posto di Poletti, si scontrava con un oppositore e riceveva un duro colpo a lato del ginocchio sinistro. Si faceva bendare strettamente l'arto offeso e rimaneva in campo. Ma come giocatore era completamente inutilizzato. Non poteva muovere il ginocchio. Faceva numero, un po' qua, un po' là, ma essenzialmente nella posizione di ala sinistra, senza essere in grado di prestare alcun aiuto ai compagni. La squadra era ridotta a fare quello che poteva con nove soli uomini contro undici. E così tirava avanti fino al termine. Tutto lì. La compagine granata, come effetto del duplice grave infortunio si sgretolava, si disuniva, si sconvolgeva. Le disposizioni di scuderia non venivano più osservate, e di organizzazione di gioco non si poteva parlare più, né all'attacco né in difesa. Qualche giocatore si avviliva, qualcun altro diventava confusionario e farraginoso. A lavorare con ordine e con criterio, lottando strenuamente contro l'avversa fortuna rimanevano essenzialmente Ferrini e Bearzot. La lotta era impari. L'una squadra giocava come poteva, cercando puramente di contenere i limiti del rovescio entro le proporzioni minori possibili, l'altra, sicura di sé, col risultato in tasca, si muoveva con sicurezza. Cronaca. Al ventesimo minuto la mezz'ala sinistra Milan, ricevendo quasi in posizione di centro un traversone dalla sinistra, sparava basso e forte e infilava l'angoletto della rete granata sulla destra del portiere. Davanti al quale regnava a quel momento una confusione tale di siciliani e di piemontesi, che Vieri sicuramente non vide il tiro in partenza. In tutto il primo tempo, la difesa catanese non veniva disturbata che da un tiro da lontano effettuato dal solito Crippa, che colpiva la sbarra trasversale. Alla ripresa il conto veniva saldato definitivamente nello spazio di cinque minuti, fra il 16' e il 21'. Era dapprima il tedesco Szymaniak che, ricevendo dalla sinistra, girava attorno a un difensore granata, evitava l'uscita di Vieri e spediva con facilità nella rete sguarnita. In seguito il centroavanti Petroni a seguito di una azione tra le due ali, Battaglia e Vigni, sparava a orizzonte libero al momento di mettere i piedi nell'area di rigore. Il suo era un gran bel tiro, a mezz'altezza, e batteva nettamente il portiere granata. Il più bel tiro di tutta la giornata. Niente da fare. I catanesi avrebbero potuto aumentare ancora il loro bottino, se Battaglia, Vigni, Benaglia e un po' tutti non avessero fallito il bersaglio in occasioni diverse. Cosa fare per il povero Torino in simili circostanze? In tutto e per tutto, verso il termine, Ferrini protesosi tutto in avanti sfiorava l'occasione di segnare il punto della bandiera, e Vavassori, pochi minuti più tardi, salvava a terra una deviazione proveniente da un colpo di testa di Bearzot su punizione tirata da Hitchens. Era il tentativo della disperazione di qualche granata che nella tempesta voleva almeno cedere con onore. Poco da dire. La battaglia non c'è stata. La sorte ha fatto le cose per conto suo, tutta da sola. Il Catania è una bella squadra, che forse avrebbe vinto ugualmente, anche senza che l'avversario venisse stroncato così nettamente. Ma, ad armi pari, si sarebbe almeno assistito ad una lotta, si sarebbe avuto un confronto tra gente che, tecnica a parte, del coraggio e della volontà ne possiede a iosa. Così, invece, il confronto è mancato del tutto. Circa quindicimila persone o poco più erano presenti, con un cielo a tratti sereno e in una temperatura di circa 17° sopra zero.  |         
  
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