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| Flaminio |
| 30/01/1966 |
| h.14.30 |
| LAZIO - TORINO 1-0 (0-0) Lazio: Cei, Zanetti, Vitali, Carosi, Pagni, Dotti, Mari, Sacco, D'Amato, Governato, Ciccolo. All.: Mannocci. Torino: Vieri, Poletti, Fossati, Puia, Cereser, Rosato, Meroni, Ferrini, Orlando, Bolchi, Moschino. All.: Rocco. Arbitro: Motta di Monza. Reti: Mari 17'. Spettatori: 24.956 di cui 3.956 abbonati e circa 21.000 paganti (il dato esatto non è stato comunicato). Note.: Tempo bello, terreno buono. Osservato un minuto di silenzio per i nuotatori azzurri Carmen Longo, Daniela Samuele, Luciana Massenzi, Bruno Bianchi, Amedeo Chimisso, Sergio De Gregorio, Dino Rora, del tecnico Paolo Costoli e del telecronista Nico Sapio, periti in un incidente aereo a Brema. Ammonito Mari simulazione. Angoli 5-3 per la Lazio. Cronaca [Tratto da La Stampa del 31 gennaio 1966] Una partitella di levatura tutt'altro che eccelsa: molto modesta in verità. Una partitella il cui esito veramente giusto sarebbe stato un pareggio senza marcatura alcuna, un esito in bianco cioè, perch&éacute; né l'una squadra né l'altra hanno fatto alcunché per meritare il successo. ''A Roma - ci diceva un conoscente che non manca a nessun incontro calcistico - da molto, da troppo tempo, non si riesce più ad assistere ad una partita che si possa definire nemmeno come discreta''. Una verità questa, alla quale, per quello che abbiamo visto noi, possiamo pienamente sottoscrivere. La Lazio di ieri è una compagine stanca e confusionaria che combatte e si arrabatta e finisce per vivere del lavoro di qualche elemento che vede chiaro nella situazione piuttosto oscura delle cose. Il Torino ha lasciato l'impressione di un undici non guarito completamente dai mali che lo affliggono e che si trova ancora in stato di convalescenza, quasi sull'orlo di una ricaduta. Un Torino, fra l'altro, che con il suo comportamento non ha spiegato il motivo della formazione con la quale si è presentato in campo, una formazione della quale pochi hanno compreso il vero senso, cioè. Erano presenti poco meno di venticinquemila persone, di cui più di quindicimila paganti, con un incasso di poco superiore ai 18 milioni. A Roma si può cambiare stadio finché si vuole, ma il numero del cosiddetti ''portoghesi'' rimane sempre elevato. Il campo del Flaminio, con tutta la selva dei ricordi che malgrado le modificazioni subite continua a rievocare, è grazioso ed attraente. Il suo tappeto erboso è buono pur non essendo simile a quello dello stadio Olimpico. Il cielo era sereno e la giornata ottima, nemmeno l'ombra delle lastre di ghiaccio che ricoprono i terreni di gioco del momento attuale nel Settentrione del Paese. Su questo terreno Lazio e Torino si sono date una battaglia che più priva di un nesso logico e più inconcludente ben difficilmente avrebbe potuto essere. Una battaglia tutta basata su duelli fra uomo e uomo, con falli di tutti i tipi, fra i più stupidi e incoerenti, una battaglia anche in tono con l'andamento generale delle cose in quanto ad arbitraggio, perché molto poco ben diretta. Un cattivo arbitraggio che comunque non ha influito n&éacute; sul gioco né sul risultato che esso ha avuto. Sentiamo il dovere di citare, per dare il colore dovuto all'avvenimento, il fallo grossolano commesso nel secondo tempo dall'ala destra laziale, Mari, il quale, atterrato malamente il poco complimentoso terzino granata Poletti, si proiettò a terra e vi rimase lungo e tirato. L'arbitro, molto sensatamente questa volta, lo obbligò a rialzarsi senza tanti complimenti e lo ammonì e lo redarguì come per un falso commesso in atto pubblico. Questo Mari era stato, a proposito, il giocatore che con un suo casuale ma tempestivo intervento aveva segnato il punto della vittoria per la Lazio, poco dopo il quarto d'ora di gioco del primo tempo. Questo primo quarto d'ora aveva visto un predominio e una certa superiorità degli ospiti. Predominio e superiorità, però, sterili ed inefficaci. I granata pareva si fossero prefissi di dimostrare di saperci fare in attacco, senza però mai giungere a conclusione alcuna. Le poche puntate condotte in reazione dal padroni di casa erano state più incisive, E una di esse, esattamente al 17', doveva decidere il risultato dell'intera giornata. Calcio di punizione contro il Torino, qualche metro fuori area, per un fallo che pareva inesistente. La palla va a finire sulla destra dei laziali. Qui è accorso il terzino Vitali, un ragazzo intelligente. Il suo centro, urtando in un ostacolo, sale altissimo e impiega un bel po' di tempo prima di venire a cadere in area di rigore. Si forma un groviglio di uomini nell'attesa. Il centravanti D'Amato salta e manca la palla. Dietro di lui sta Mari, che dalla posizione di ala destra si è portato a quella di mezz'ala sinistra. Mari non dice grazie a nessuno non si fa pregare e, nella confusione generale, spedisce in rete con un tocco brave ma forte. Nulla da fare in quel frangente per il portiere Vieri il quale avrebbe forse potuto intervenire direttamente cercando di colpire la palla al volo prima che essa piombasse a terra. Rete comunque nata nel caos e verificatasi in circostanze pienamente casuali. La reazione dei torinesi non fu n&éacute; troppo forte né perforante. Essa fu piuttosto nutrita, ma conservò il carattere di sterilità che aveva avuto inizialmente, ecco tutto. Ed essa condusse in tutto e per tutto ad un palo colpito da Meroni che si era portato, fin dal principio della partita, all'ala sinistra ed era stato l'unico elemento pericoloso del settore di avanguardia dei granata. Il suo tiro a mezza altezza andò a colpire il montante sulla sinistra del portiere Cei. E fu tutto, come prova di pericolosità, di cui abbiano dato prova i torinesi nel corso dell'intera partita. Perch&éacute; alla ripresa essi partirono all'offensiva e vi rimasero per più di una ventina di minuti. Senza riuscire però assolutamente a nulla. Il portiere Cei non fu chiamato a nessuna parata difficile, n&éacute; in quel periodo né dopo. Orlando era come se non ci fosse. Ferrini era stato duramente colpito e dovette rifugiarsi zoppicante all'ala destra. Bolchi navigava nelle retrovie. Come produttività era lo zero, il nulla nel senso assoluto del termine. Nella seconda metà della ripresa la Lazio ebbe un risveglio, senza produrre nulla di notevole nemmeno essa, però. Ciccolo in tutto e per tutto mancò una discreta occasione con un colpo di testa che spedì la palla a lato di un montante. I calci d'angolo furono 4 a 3 per la Lazio, complessivamente: 2 a 2 nel primo tempo. Così, una partita da pochi soldi venne a fruttare due preziosi punti di classifica per la Lazio. |
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