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Del Duca
22/10/1978
h.14.30
ASCOLI - TORINO 3-0 (0-0)
Ascoli
: Pulici F., Legnaro, Anzivino, Scorsa, Gasparini, Perico, Trevisanello, Moro, Ambu, Bellotto (al 70' Pileggi), Anastasi. A disposizione: Brini, Quadri. All.: Renna.
Torino: Terraneo, Danova, Vullo, Onofri, Mozzini, Salvadori, Sala P., Erba, Graziani, Pecci, Greco (al 62' Iorio). A disposizione: Copparoni, Camolese. All.: Radice.
Arbitro: Casarin di Milano.
Reti: Moro 54' rig., Aut.Danova 59', Ambu 64'.
Spettatori: 33.704 di cui 7.063 abbonati e 26.641 paganti.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 23 ottobre 1978]
Le strane ''paure'' dei marchigiani che la rinuncia ad un attaccante ha definito le intenzioni del Torino: puntare al pareggio, contenendo l'avversario e cercando di colpirlo, se possibile, col contropiede. Tutto solo in attacco, Graziani si comportava come il solito: volitivo, caparbio, unico punto di riferimento per i compagni di squadra. Vinceva bei duelli aerei davanti a Gasparini, ma era ''orfano'' di Pulici, e si vedeva. Soltanto Vullo si dimostrava altrettanto fresco e vivo nella manovra offensiva, anche se poi i suoi appoggi mancavano della necessaria precisione. Le carenze di gioco del Torino, superiori purtroppo al solito, venivano però mascherate dalle strane paure dell'Ascoli, che stentava in attacco, dove Anastasi ed Ambu venivano bloccati da Danova e Mozzini, e tocchettava a centrocampo, aspettando, forse, che fosse l'avversario il primo a scoprirsi. Così, il tempo finiva senza gol, con una sola occasione fallita per parte, Moro che calciava fuori su invito di Trevisanello al 15' e Greco che lo imitava mandando a lato su passaggio di Graziani al 38'. Ma bastava che l'Ascoli si rendesse conto delle ombre dell'attuale Torino, superasse le remore psicologiche, e la vittoria non poteva sfuggirgli. Questo si diceva in tribuna durante l'intervallo. Il Torino, che ormai credeva di avere la partita sotto controllo, è stato colto di sorpresa dalla condotta aggressiva dell'avversario. O, forse, non è stato colto di sorpresa, ma, semplicemente, non aveva i mezzi tecnici per reagire. Sotto gli occhi di Enzo Bearzot. Giunto allo stadio soltanto verso il termine del primo tempo, i bianconeri di casa hanno osato, e sono stati premiati. Hanno fatto pace con il loro pubblico, già un po' indispettito per la prova opaca dei suoi eroi nei primi 45 minuti, sono usciti dal campo fra gli applausi, paghi e felici. Legati e timoroso in inizio di gara. L'Ascoli ha messo in vetrina, in quei dieci minuti fatali, e anche successivamente, fresche e belle realtà. Ottimo Anzivino, terzino che avanza, sul quale Patrizio Sala ha sofferto tutta la partita; bravissimo Scorsa, ''libero'' di grande autorità; pericolosissimo Ambu, delizioso Moro in certi suoi dribbling e tocchi; utilissimi Perico e Trevisanello nella manovra corale. Radice, nello spogliatoio, lamentava la mancanza di reazione della squadra granata dopo il rigore di Moro. E' vero, la reazione non c'è stata; ma la ragione sta nel fatto che il Torino, ieri, non era all'altezza della situazione. Il Torino affonda sul bel campo di Ascoli e perfino i lamenti, alla fine, sono blandi e incolori come il suo gioco. 3-0. un passivo doloroso e pesante, che può essere capito ma solo in parte giustificato e accettato. E' successo tutto in dieci minuti, dal 54' al 64', quando i padroni di casa hanno intensificato la loro azione e tre palloni sono finiti tristemente alle spalle del povero Terraneo. E' stato Moro, su rigore, a portare in vantaggio l'Ascoli, con un secco calcio nell'angolo, dopo che Casarin, arbitro senza pecche, aveva punito un intervento di Patrizio Sala su Anzivino, lanciato in gol dal giovane Ambu. Segnava Moro, fra un tripudio di bandiere, e l'Ascoli insisteva e attaccava, consapevole che ormai il Torino era sanguinante e caduto. Dirà più tardi Radice, nello spogliatoio, che i. granata hanno sbagliato a questo punto la loro partita, che. Invece di reagire con carattere solito e antico, i suoi uomini si sono persi nel campo, ciechi e sbandati. E cosi l'Ascoli ha segnato di nuovo. Una autorete, stavolta. Ambu giocava un bel pallone sulla destra, invitava basso e preciso al centro Trevisanello, che calciava sicuro. Terraneo, forse, era sulla giusta traiettoria, ma Danova. Che rientrava per l'ultimo intervento, incespicava quasi nella palla e la deviava in rete dall'altra parte, fra l'inutile disperazione del portiere. A questo punto Radice tentava l'impossibile carta, e mandava in campo Iorio, una punta, al posto dello spento e stanchissimo Greco. Ma il giovane attaccante non aveva ancora fatto a tempo a guardarsi attorno che già era il terzo gol. Moro toccava a lato una punizione fischiata per fallo di Mozzini su Ambu. Ed era lo stesso centravanti a mandare dal limite nell'angolo basso. Inutile era l'assalto finale del Torino. Graziani ''sbucciava'' un pallone in area al 65'. Due minuti dopo toccava bene di testa per Iorio, che non riusciva a calciare; ancora Iorio colpiva al volo per la parata di Felice Pulici, a dieci minuti dalla fine. Ma era l'Ascoli a condurre il gioco, senza forzare, con azioni che non affondavano e passaggi indietro al portiere che testimoniavano della volontà di chiudere senza altre segnature una partita che era già di trionfo. Al Torino, ieri, sul campo di Ascoli, in condizioni perfette, dopo una notte di vento e una mattinata di sole robusto, mancava un altro giocatore importante. Paolo Pulici. L'attaccante aveva la febbre, salita nella notte, quando già sembrava scongiurato il pericolo di forfait, e il Torino si è trovato a giocare privo di tre uomini che attualmente contano troppo. Addirittura appaiono indispensabili, anche se Radice, alla fine, preferiva rifuggire dal vittimismo ed evitare facili scappatoie. L'assenza di Pulici è stata indubbiamente vitale. Tuttavia, le colpe della pesante sconfitta sono da ricercarsi altrove. Radice, quando ha saputo dell'ultimo guaio, ha deciso di sostituire la punta riconfermando la sua fiducia al giovane Erba e affidando la maglia numero 11 a Giuseppe Greco, che attaccante non è ma che avrebbe potuto, come ex ascolano, buttare nella mischia energie o volontà più profonde.