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Olimpico di Roma
19/09/1999
h.15.00
LAZIO - TORINO 3-0 (2-0)
Lazio
: Marchegiani (al 46' Ballotta), Negro, Nesta, Sensini, Favalli, Conceiçao (al 79' Stankovic), Veron, Simeone, Nedved, Inzaghi (al 75' Almeyda), Salas. A disposizione: Lombardo, Gottardi, Mancini, Andersson. All.: Eriksson.
Torino: Bucci, Bonomi, Ficcadenti (al 29' Cudini), Diawara, Mendez, Pecchia Scarchilli (al 52' Ivic), Coco, Asta (al 59' Tricarico), Ferrante, Lentini. A disposizione: Pastine, Sommese, Brambilla, Artistico. All.: Mondonico.
Arbitro: Braschi di Prato.
Reti: Veron 14' rig., Inzaghi 45', Salas 88'.
Spettatori: 45.503 di cui 36.752 abbonati e 8.751 paganti.
Note: Ammoniti Ficcadenti e Salas, angoli 8-6 per la Lazio, recupero 2' pt, 2' st.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 20 settembre 1999]
La leggerezza del Toro rischia di diventare insostenibile a certi livelli, se persino un match lottato quasi alla pari con la Lazio sul piano del gioco, si è concluso con un punteggio massacrante e senza la soddisfazione di un tiro in porta. Marchegiani, e poi Ballotta, avrebbero potuto trascorrere la domenica ai Castelli, al contrario di Bucci che nel secondo tempo, quando Mondonico ha stravolto ogni equilibrio per tentare l'impossibile, ha fatto da bersaglio e s'è salvato con bravura da almeno tre gol. Una sconfitta pesante e non tragica. Un'occasione però per riflettere sull'incompiutezza dei granata. Qual è il senso di una squadra proiettata all'attacco, se non produce occasioni? E, soprattutto, esiste un'alternativa? Il Toro ha giocato bene, meglio della Lazio, A primo tempo. Per manovra, per controllo da palla, per concentrazione. A centrocampo l'avvio scintillante di Scarchilli e l'ottima lena di Pecchia nell'inseguire tutti hanno smorzato lo strapotere laziale fondato su Simeone e Nedved più che su Veron. Buona la difesa di Bonomi su Salas e di Diawara su Simone Inzaghi, sufficiente la sicurezza di Ficcadenti, libero d'emergenza al posto di Cruz. Insomma un Toro più che dignitoso e quasi pungente sul colpo di testa di Lentini al 12', da punizione-cross di Scarchilli: peccato che Lentini abbia, con il gol, la stessa intimità di un pastore armeno. Ma il prevedibile intoppo era in agguato. Senza essere arrivata al tiro, la Lazio trovava un rigore su una rocambolesca iniziativa di Nedved al centro: la favorivano un primo rimpallo su Diawara e un secondo sulla respinta di Ficcadenti da terra, ed erano gli stessi tentacoli del libero granata ad aggrovigliarsi tra le gambe del ceco. C'era il rigore ma forse c'era prima una scorrettezza su Ficcadenti. Veron, costretto a battere due volte dal dischetto, non sbagliava. Benché non fosse ancora scattato il 15'. Il popolo laziale rompeva lo sciopero del silenzio: non c'è questione di principio che non sia scardinabile da un gol. Cominciava così l'altra partita, bruttarella. Ed esemplare. Si è capito, ma non è una novità, che il Toro è squadra potenzialmente d'attacco con tre punte e con i centrocampisti portati a giocare più che a contenere l'avversario. Ma guai se si trova in svantaggio contro chi vale. In un'ora e un quarto di gioco non c'è mai stata la sensazione che la difesa della Lazio fosse almeno in ambasce: Ferrante ha ricevuto rari palloni però non è nemmeno abile a dettare il passaggio se l'avversario ha la scaltrezza di Nesta o di Sensini, e sulle qualità di Asta ci siamo forse illusi. Se nella mezz'ora conclusiva del primo tempo i granata hanno cercato di piegare la Lazio dalla parte di Lentini e in avvio di ripresa hanno premuto con disperazione, gli effetti sono stati comunque desolanti. Mondonico ha provato Ivic, sublime dribbleur che non conosce il momento per liberarsi della palla. Neppure da lui è arrivato il toccasana. Così come variare la posizione in campo di Diawara, da libero per l'uscita di Ficcadenti e, nella ripresa, da centrocampista, ha aggiunto poco: è un altro di quelli che attaccano in solitaria, cioè palla al piede finché non sbattono contro un ostacolo. La Lazio è sembrata distratta. Ma può costruire due squadre che starebbero entrambe tra le prime cinque del campionato. Ha raccolto frutti immeritati con Inzaghi, autore del 2-0 sull'unico sbandamento difensivo del Toro: il suo primo tiro è stato respinto da Bucci, il secondo, sporco, ha scavalcato il portiere picchiando per terra. Ma nella ripresa i granata si sono sparsi per il campo alla rinfusa come i bastoncini dello Shangai, nessuno degli attaccanti ha prodotto il minimo sforzo in copertura (vero Ferrante e Ivic?) e quando Diawara ha preso a scavallare in avanti con il solo biglietto di andata, la Lazio ha goduto di praterie vaste e verdissime. Buon per il Toro che, davanti a Bucci, Conceicao, Inzaghi e Salas si convertissero all'ascetismo, astenendosi. Perche il cileno arrivasse al gol, bisognava che il Toro si fermasse per una scorrettezza su Mendez.