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Comunale
28/12/1958
h.14.30
TALMONE TORINO - INTER 0-5 (0-1)
Talmone Torino
: Rigamonti V, Tarabbia, Cancian, Bearzot, Ganzer, Bonifaci, Crippa, Marchi, Virgili, Mazzero, Farinelli. All.: Bertoloni.
Inter: Matteucci, Fongaro, Guarnieri, Invernizzi, Cardarelli, Bolchi, Bicicli, Venturi, Firmani, Lindskog, Corso. All.: Bigogno.
Arbitro: Orlandini di Roma.
Reti: Lindskog 37', Corso 48', Firmani 54', 78', 84'.
Spettatori: 25.000 circa.
Note: Splendida giornata di sole, temperatura mite, terreno allentato con fascia centrale cosparsa di segatura, calci d'angolo 9-1 per l'Inter.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 29 dicembre 1958]
La partita è stata vuota di tutto, meno che di reti di un colore solo, il neroazzurro. Nel primo tempo essa non ha detto nulla, assolutamente nulla. Priva di ogni e qualsiasi sostanza, essa si è trascinata fin quasi al termine del tempo stesso, dando per lo meno a sperare, ai sostenitori granata, in un risultato in bianco. Invece è saltata fuori, a meno di nove minuti dal riposo di metà tempo, una rete improvvisa di Lindskog, la sola cosa bella e pregevole di tutta la prima parte dell'incontro. Combinazione, doveva costituire, quella rete, anche il fatto decisivo ai fini del risultato della giornata. Perché si ripeteva, a questo riguardo, il fenomeno che si era verificato otto giorni prima contro il Milan a San Siro. La squadra reggeva più che discretamente sulla impalcatura che le davano i suoi uomini di metà campo: i mediani, rinforzati da Marchi e ben coadiuvati questa volta dagli estremi difensori. Era la speranza, che sosteneva ed incoraggiava la compagine. Appena questa veniva a mancare, la costruzione si accasciava. Il primo colpo, come cosa da lungo tempo paventata e quasi preveduta, faceva l'effetto d'un crollo. La resistenza, che effettivamente camminava come sul filo di un coltello, si incrinava, rimaneva come scossa ed interdetta. Ed in un batter d'occhi o quasi, nel volgere di pochi minuti insomma, il risultato passava dall'uno a zero, al due, al tre a zero. Gli ultimi due punti al passivo, quelli dell'ultimo quarto d'ora dell'incontro, non erano che un corollario, una conseguenza psicologica - altrimenti evitabilissima - di quello ch'era successo prima. La prima rete dell'Internazionale fu segnata ad otto minuti dall'intervallo: la seconda giunse inesorabilmente tre minuti dopo del medesimo. E la terza ad altri sette minuti di distanza. Come era avventi to la domenica precedente: il giuoco dei mattoni. Forse, se avesse potuto rientrare negli spogliatoi imbattuta alla metà tempo - e c'era ampio margine perché la cosa avvenisse l'undici granata avrebbe consolidato il suo morale, e, nella seconda parte della partita avrebbe retto meglio all'urto degli eventi. Come sono andate le cose, la fatalità ha picchiato - per due volte consecutive in modo simile - su una costruzione fragile, e la costruzione stessa è andata a catafascio. Perché, effettivamente, l'Internazionale del primo tempo non ha detto proprio nulla: non ha impressionato nessuno. I neroazzurri milanesi non hanno cominciato a giuocare che una volta che hanno avuto positivamente il risultato nelle mani. Prima, sono stati altrettanto evanescenti ed inconcludenti quanto i loro avversari. Ed il pubblico già incominciava, senza tanti complimenti, ad accomunare i giocatori dell'una parte e dell'altra in un giudizio spietatamente negativo. Di Firmani e di Lindskog si diceva che erano fermi come colonne, e di Venturi che, a somiglianza di Marchi dalla parte opposta, faceva il mediano e non l'attaccante: e proprio tutti i torti poi non si avevano. Quest'impressione doveva essere corretta in seguito, nel secondo tempo, quando i granata non giuocavano più coll'animo e colla decisione di prima, ed il filtrare attraverso alle maglie del loro sbarramento difensivo diventava una cosa semplice e quasi naturale. Ed allora si glorificò, come sempre succede, chi prima si era disprezzato. Quello che si può positivamente dire, è, che di cima in fondo all'incontro, nell'undici degli ospiti hanno impressionato la velocità dell'ala destra Bicicli, e l'opera costantemente tecnica ed efficace dei due elementi attinti dalla squadra dei giovani che vinse mesi fa il torneo della Federazione Internazionale nel Lussemburgo, Bolchi e Corso. Il rimanente del risultato sono stati più i granata a scriverlo negativamente, che i neroazzurri ad imporlo positivamente. La giornata era fredda e serena, ed il campo in discrete condizioni. E di pubblico ve n'era parecchio - circa 30.000 persone - ed era notevolmente ben disposto anche verso i padroni di casa, di cui conoscevano le traversie. Se la squadra di casa avesse dato la relativa materia agli spettatori, il caldo sostegno popolare non sarebbe mancato: tutt'altro. Invece il primo tempo parve fatto per raffreddare gli animi, non per riscaldarli. Tecnicamente esso potrebbe venire riassunto in una espressione sola: privo di contenuto. Unica eccezione, da parte torinese, il lavoro fatto a metà campo da Bearzot, Bonifaci e Marchi, che precludeva efficacemente la via alle avanzate avversa rie, e che riforniva, si può di re, a getto continuo una prima linea, che non richiamava la attenzione che per la sua in capacità a fare cose utili. Unica altra eccezione, da parte milanese: quel centro di Bicicli al 37° minuto, che Lindskog riprese quasi al volo, sorprendendo tutti e spedendo inesorabilmente nella rete. Uno sprazzo di luce nel grigiore tecnico del momento. Subito al ritorno in campo, mentre i granata ancora non s'erano ripresi dalla sgradevole sorpresa subita, l'ala sinistra Corso, ben servito in profondità, batteva tutti quanti, prima con un bello spunto di velocità, e poi con un preciso e forte tiro a mezza altezza. E: da quel momento, di interesse per un risultato che già stava scritto, più non ne esisteva. Contro una difesa che aveva perso ogni consistenza, Firmani segnava tre volte, la prima di testa e le due altre di piede, al 10° al 34° ed al 40° minuto. Ai granata, che in prima linea confermavano attaccando la loro incapacità di segnare, rimaneva la consolazione di due pali colpiti, a difesa neroazzurra già soverchiata, l'uno da Virgili e l'altro da Mazzero.