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Filadelfia |
01/01/1961 |
h.14.30 |
TORINO - INTER 0-1 (0-1) Torino: Vieri, Scesa, Buzzacchera, Ferrini, Lancioni, Ferrario, Danova, Mazzero, Tomeazzi, Cella, Crippa. All.: Santos. Inter: Buffon, Picchi, Fongaro, Bolchi, Guarnieri, Balleri, Bicicli, Lindskög, Firmani, Corso, Morbello. All.: Helenio Herrera. Arbitro: Rigato di Mestre. Reti: Corso 41' Spettatori: 23.310 tra paganti e abbonati. Note: Giornata rigida, terreno insidioso e interamente ricoperto di neve indurita dal gelo. Al 30' l'arbitro ha sospeso la partita per commemorare con un minuto di silenzio l'anniversario della scomparsa di Fausto Coppi. Cronaca [Tratto da La Stampa del 1 gennaio 1961] Il Torino merita tutta la simpatia che sia possibile di tributare ad una squadra che giuochi bene, che profonda tesori di energie, nella lotta, che si dimostri superiore all'avversario, che domini in campo per i quattro quinti della partita, e che la partita stessa perda come risultato bruto. Il Torino ha dato vita ad un incontro fra i più interessanti, pieno di vivacità e di vitalità, ha dato prova di virtù tecniche degne di una grande compagine, ha messo in mostra doti di coraggio, di abnegazione e di entusiasmo veramente rare al giorno d'oggi, ed ha finito per soccombere, in quanto a punteggio, per un tiro un po' casuale ed improvviso, che, verso la fine del primo tempo colse in certo qual modo di sorpresa il suo portiere. Certi risultati che stridono nettamente coll'andamento del giuoco, sono nella natura del giuoco stesso. Ma essi non cessano per questo di lasciare; non solo per chi li subisce, ma nell'atmosfera in genere, come un senso di cosa ingiusta e contraria a verità ed a realtà. Il Torino non ha la fortuna dalla sua, quest'anno: assolutamente no. Lo si era visto otto giorni prima a Bologna, dove la sua sconfitta fu essenzialmente dovuta al madornale svarione di un arbitro. Se ne ha avuto conferma netta in questa occasione, nella quale l'arbitraggio non può affatto venire incolpato di mancanze gravi. L'Inter che, col concorso di altre circostanze, passa, nella giornata, tutta sola al comando della classifica, può ascrivere il successo riportato sul campo dei granata più che alla sorte, ad una fortuna addirittura sfacciata. La sua prima linea, macchina fabbricatrice di reti, non riuscì a combinare una sola azione degna di menzione in tutti i novanta minuti della partita. A salvarla dalla sconfitta che sarebbe stata una logica conseguenza del giuoco, fu la sua difesa. Una difesa composta a tratti - a lunghi tratti - dai tre quarti dei componenti la squadra, da sette ad otto uomini cioè: una difesa che contava, fra altro su di un portiere come Buffon, che fece una delle più belle partite della sua carriera. Se stride il risultato, nei confronti coll'andamento del giuoco, ci si lasci dire che stride non meno violentemente il fatto che una squadra che predica essere tutta di attacco, vinca esclusivamente grazie ad una difesa ultra, extra rinforzata. Detto questo, che è pura verità, è doveroso riconoscere che la giornata non era troppo favorevole ai nerazzurri. Poco prima dell'ora di inizio della partita, aveva preso a nevicare. Una specie di primizia per la nostra città. Neve fine, secca, dura, che, col concorso dell'aria gelida che spirava sul campo, trasformò presto il terreno di giuoco in una pista da pattinaggio. Equilibrio del corpo difficilissimo, in quelle condizioni. E vantaggio per la squadra più leggera. Che dimostrò subito di essere quella dei padroni di casa. Per tutta la durata dell'incontro, i granata dettero prova, nei confronti degli avversari, di una superiore capacità di reggersi In piedi, una più marcata velocità e, di gran lunga, un più preciso controllo della palla. Uomini come Firmani e come Bolchi scomparivano, e ragazzi come Cella e come Danova e Tomeazzi ed altri emergevano. Le condizioni atmosferiche in cui si svolse la gara, furono contrarie in genere alla capacità ed alle tendenze dell'Internazionale. E' giusto ed opportuno riconoscerlo. Malgrado il freddo intenso e la neve il recinto del Torino era gremito di pubblico all'ora dell'inizio. Circa ventimila persone erano presenti. Pochi gli appassionati venuti da Milano. La intera massa dei fedeli e tenaci sostenitori dei granata era invece presente, ed essa trovò nella prova fatta dai suoi beniamini il modo di non accorgersi nemmeno del freddo che faceva. Al solito, Ferrarlo corse a piazzarsi dietro a Lancioni fin dal calcio di inizio. Ed al solito pure il mediano laterale Balleri si precipitò ad assumere una consimile posizione difensiva nell'undici neroazzurro. E, ad attaccare, per primo, ed a lungo - condizione di cose che doveva durare per quasi tutta la partita - erano i piccoli e giovani attaccanti del Torino. I quali vincevano quasi tutti i duelli per la palla a metà campo, davano prova di una mobilità sorprendente, ed imprimevano agli scambi una velocità ed un ritmo veramente notevoli. Offensive su offensive di colore granata. Se tutti gli attacchi portati dai torinesi, se il volume di giuoco sviluppato avesse dovuto trovare una adeguata corrispondenza nel risultato, il Torino avrebbe dovuto andare presto in vantaggio per più di una rete. Davanti alla porta però mancava il tiro con elusivo, ed un po' tutto - in primo luogo il valore di Buffon - saltava fuori a sbattere la porta in faccia a Tomeazzi e compagni. Ed intanto, l'Internazionale - squadra d'attacco - richiamava indietro, l'uno dopo l'altro, quasi tutti i suoi uomini. E, verso il termine del tempo, la mezz'ala sinistra Corso, che si era portato in posizione di mezz'ala destra, sferrava improvvisamente un tiro alto di sinistro, che mandava la palla a finire nell'angolo della rete, sulla destra di Vieri. Il tiro era bene angolato, ma il portiere granata non lo aveva visto in partenza. Non fu che il caso ad impedire che il Torino acciuffasse ancora il pareggio prima della fine del tempo. Alla ripresa, l'andamento del giuoco non cambiò. Il Torino continuò ad attaccare, e l'Internazionale continuò a difendersi con tutta una massa d'uomini ammucchiati nella sua area di rigore. Ed il pubblico continua ad attendere il pareggio, che pareva pendere da un esile filo e che pareva dovesse giungere da un momento all'altro. Danova se he andò via da solo, ad un dato momento, e giunse davanti al portiere, solo per sparargli addosso al momento cruciale. E Crippa mandò al centro un pallone basso che trovò Danova e Ferrini soli quasi sulla linea della porta: e pure quella occasione venne mancata. E con quella, altre e svariate, Pareva scritto. E giunse il fischio finale, col Torino da applaudire per tutto, meno che per il risultato meritato e non raggiunto. |
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