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Filadelfia |
26/02/1961 |
h.15.00 |
TORINO - ATALANTA 1-1 (0-0) Torino: Vieri, Scesa, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Invernizzi, Danova, Cella, Tomeazzi, Ferrini, Crippa. All.: Santos. Atalanta: Cometti, Griffith, Rooncoli, Gustavsson, Gardoni, Gasperi, Gentili, Maschio, Nova, Magistrelli, Longoni. All.: Valcareggi. Arbitro: Rigato di Mestre. Spettatori: 20.000 circa. Reti: Gasperi 70' (A), Cella 82' (T). Note: All'88', in seguito ad uno scontro di gioco, l'infortunato Scesa abbandonava il terreno di gioco. Cronaca [Tratto da La Stampa del 27 febbraio 1961] A sette minuti dalla fine Cella ha potuto pareggiare il goal che Gasperi, con un tiro di punizione da venti metri, aveva segnato al 25' del secondo tempo. Il risultato è giusto, nessuna delle due squadre ha il diritto di lamentarsi. Questa volta non ci si è messo di meato l'arbitro perché Rigato ha diretto in modo superiore ad ogni elogio: esatto, comprensivo, tecnicamente ineccepibile. Questo dimostra che le critiche all'arbitraggio, quando ci tocca farle, non costituiscono un diversivo e nemmeno hanno lo scopo di scusare un risultato negativo della squadra locale. Vero è invece che buoni arbitri, diciamo di quelli che non guastano, ce ne sono purtroppo assai pochi. Pareggiando il Torino ha toccato il limite delle sue possibilità nella giornata. Ha segnato nell'unica azione che, dato il suo scialbo gioco offensivo, poteva aprirgli la porta avversaria, cioè su calcio d'angolo. Subito il goal di Gasperi s'è svegliato come da una lunga sonnolenza e di colpo è entrato nel clima dell'arrembaggio. Solamente nei venti minuti che sono passati dal goal atalantino alla fine, s'è visto il vero Torino, il gioco s'è rialzato di tono, il campo è come entrato in ebollizione. Quei venti minuti hanno scosso tutti e hanno salvato un Torino che stava naufragando, un Torino troppo sommario nel gioco, disunito, palesemente stanco almeno in tre uomini su cinque dell'attacco. Si tenga presente che la squadra granata, in tutto il primo tempo, non ha costruito una sola azione da rete. Quei cinque uomini del quintetto di punta non riuscivano ad organizzare un gioco che li svincolasse dalla ferrea marcatura degli ospiti, Danova, Tomeazzi, Cella apparivano i meno pronti ed i meno utili. Non parliamo di impegno ma di rendimento, che è altra cosa. Hanno le loro buone ragioni, evidentemente, ed è facile ammettere chi un atleta più dell'energia che ha in corpo non può dare. Ferrini si è salvato con l'enorme lavoro compiuto e Crippa per le sue doti di palleggiatore che restano anche se il loro impiego non è stato adeguato. Per dare spinta, energia, peso e grinta a questo attacco fragile e scarso di idee, sono avanzati, dopo il goal di Gasperi, Bearzot e Invernizzi, uomini che almeno non vengono sballottati in una mischia, che posseggono una volontà più dura e un'esperienza più completa. La barca è stata salvata in tempo e di più non si poteva chiedere, ma che ansia e che emozioni nella folla. Data la situazione, il pareggio può essere considerato dal Torino un punto guadagnato. Il pubblico lo ha accettato a malincuore, ma con la commozione che la vittoria era ieri un frutto irraggiungibile. L'Atalanta si è difatti dimostrata più squadra di quella sempre granata, meglio organizzata, tatticamente più coperta. La sola difesa nemmeno una volta, su azione manovrata, è stata colta in errore, dall'attacco torinese: uomini più esperti, sempre meglio piazzati, pronti ai passaggi di disimpegno come ai rilanci e che nove volte su dieci non avevano nemmeno bisogno di affrontare il corpo a corpo per sbrogliare qualche situazione più intricata. A nostro avviso è nel primo tempo che il Torino è stato nettamente al disotto delle sue prestazioni normali. Non l'ha vivificato nemmeno il ritmo, inferiore ieri alla cadenza abituale. Non ci volle molto a capire che la squadra granata non era in una buona giornata. Un Torino che non aggredisce, che non incalza, che non soffoca di gioco l'avversario, è un Torino che è sempre sul filo della sconfitta. La sua difesa è grande ma non può far miracoli. Ma per fortuna l'Atalanta a quel ritmo blando ci stava, forse, perché stanca anch'essa, forse per la giornata un po' così, fors'anche perché trovava relativamente facile quell'armeggio sempre uguale e senza imprevisti che non la metteva mai di fronte ad un pericolo serio. Le due squadre avevano adottato entrambe il battitore libero: Invernizzi da una parte e Gardoni dall'altra con lo spostamento di Gustavsson verso il centro a guardia di Tomeazzi. La partita minacciò di risolversi nelle prime battute quando Longoni, imbeccato da Maschio, venne a trovarsi perfettamente libero un metro dentro l'area. Pareva più facile segnare che sbagliare, eppure Longoni sbagliò. E sbagliò pure Maschio pochi istanti dopo su un centro di Nova dall'estrema sinistra e benché avesse, anche lui, come prima Longoni, libera la visuale della porta. La difesa granata, colta di sorpresa da queste due azioni e sfuggita miracolosamente al castigo, sbarrò la porta e Vieri non ebbe più occasione di intervenire. Il vertice dell'attacco atalantino era costituito da Nova che Lancioni sorvegliava quasi costantemente in corpo a corpo. Puledro difficile da tenere, se gli fosse scappato una sola volta, sarebbe stato il crollo. Non gli scappò mai. Scesa e Buzzacchera stavano sulle ali, Maschio e Magistrelli funzionavano da raccordo alle spalle delle tre punte e coordinavano l'azione di contropiede. Tutto era esattamente predisposto, il Torino non passava. Gustavsson e compagni facevano appena gli spostamenti necessari e parevano calamitare la palla. Nessuna ressa nell'area di rigore atalantino. Quando il gioco vi entrava la manovra era già controllata. Qualche tiro da lontano, un bel centro di Ferrini, e in ultimo una staffilata rasoterra di Cella, ma una spanna fuori. Un primo tempo magro. Nella ripresa il Torino giocava col sole alle spalle, un debole sole che non dava fastidio a chi l'aveva negli occhi. Il ritmo si svegliò un poco. Al 10', su punizione dal limite, Ferrini toccava di testa a Crippa che al volo effettuava da pochi metri una mezza rovesciata verso la rete, ma la splendida parata che oppose Cometti mandò in fumo il tentativo. Un tiro di punizione di Longoni filtrava al 22' nello schieramento difensivo e finiva in rete ma l'arbitro aveva già fischiato un fallo. Ci si avvicinava alla svolta della partita. Al 23' punizione per l'Atalanta a venti metri dalla porta granata. Magistrelli toccava a Gasperi e questi faceva partire un traversone teso di grande potenza. La palla filò come un bolide e si insaccò nella rete. Vieri non si era i mosso. Disse poi che la traiettoria aveva deviato nel suo tratto finale, ma è una spiegazione poco accettabile. Si deve credere piuttosto che non abbia visto partire il tiro, e sarebbe già una colpa. Sferzato dallo scacco, allora il Torino si scosse. Cominciò l'arrembaggio. Questo era finalmente il Torino che piaceva al pubblico. Invernizzi era passato all'attacco, Bearzot dilettava con Danova incalzando l'offensiva, a tratti faceva, delle incursioni anche Scesa. Su tutto, il gran clamore del pubblico che scandiva il ritmo dell'offensiva incitando i giocatori. Due calci d'angolo per i granata. Nel secondo, al 38', batteva Danova, la palla ricadeva al centro della porta, Invernizzi precedeva Cometti toccando di testa e facendo ricadere la sfera alla sua sinistra ove si trovava, con le spalle rivolte alla porta, Cella. Al volo, l'attaccante effettuava una rovesciata ed infilava la rete. Il Torino continuò sullo slancio. Le mischie si succedevano nell'area avversaria ma la difesa aveva stretto le file. Al 43' Scesa si scontrava in una discesa con Roncoli e colpito al ginocchio lasciava il campo rientrando zoppicante poco dopo. Scendeva all'estrema Bearzot che cercava di sorprendere Cometti con un fortissimo traversone a terra, ma pure questa volta la parata fu anche più bella del tiro. Il Torino aveva smobilitato la sua difesa. Ecco al 44' scoccare il contropiede atalantino. Imbeccato da Maschio, Magistrelli, spostato a destra si trovò con tutto il campo libero. Mancò di decisione e sciupò un'occasione d'oro. Tirò, e tirò male, quando stava arrivando Buzzacchera. La palla finì oltre il fondo. Del resto, pare a noi, era giusto che finisse così. |
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