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Filadelfia |
12/11/1961 |
h.14.30 |
TORINO - CATANIA 1-1 (0-0) Torino: Panetti, Scesa, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Cella, Albrigi, Ferrini, Baker, Law, Crippa C. All.: Santos. Catania: Vavassori, Alberti, Rambaldelli, Benaglia, Zannier, Corti, Caceffo, Szymanak, Calvanese, Prenna, Morelli. All.: Di Bella. Arbitro: Jonni di Macerata. Reti: Bearzot 50' (T), Zannier 76' (C). Spettatori: 6.260 di cui 3.200 paganti e 3.060 abbonati. Note: Vavassori ha parato un calcio di rigore a Law al 73'. La pioggia torrenziale e ininterrotta per tuttala durata del primo tempo ha tenuto lontano dagli spalti di Via Filadelfia il pubblico torinese. Campo ai limiti della praticabilità, ammoniti Zannier e Corti. Calci d'angolo 7-1 per il Torino. Cronaca [Tratto da La Stampa del 13 novembre 1961] Il Torino si è lasciato infliggere un pareggio, in una gara che, secondo i più avrebbe dovuto, e, secondo l'andamento del giuoco, anche potuto vincere. Ciò non di meno, non si può dire che metà del risultato lo abbia regalato all'avversario. Questo, pur dominato a lungo dai padroni di casa, ha disputato la partita non lasciandosi intimidire, giuocando a tratti anche al modo forte, comportandosi sempre da squadra positiva e coriacea. Al termine dell'incontro, svoltosi, come vedremo, in condizioni di tempo e di terreno eccezionali, i catanesi si portavano, come forza ed energia per lo meno tanto bene quanto i granata. Le occasioni che questi ultimi hanno mancate per un soffio - od, addirittura sciupate - sono state numerose, tanto nel primo quanto nel secondo tempo. E' da annoverare fra queste perfino un calcio di rigore, un fatto, questo dovuto in parte ad errore di Law, ed in parte a merito del portiere Vavassori. Nella circostanza, segnando su questa punizione massima, il Torino avrebbe messo al sicuro il risultato, e questo ultimo non sarebbe più stato modificato nemmeno da quanto avvenuto in seguito. E molte delle espressioni di malcontento udite a cose fatte, non sarebbero più state esternate. Perché, da qualunque parte si guardi alle cose, bisogna ammettere che la metà del risultato è praticamente sfuggita dalle mani del Torino. Di superiore all'uno ed all'altro aspetto della partita, sta però il fatto che la gara si è svolta, per circa i tre quarti del tempo, in condizioni difficilissime per non dire impossibili. Era caduta acqua senza interruzione nel corso della intera mattinata, ma, fin da mezz'ora prima dell'inizio, era un diluvio addirittura quello che imperversava sulla città. A soffrirne, naturalmente, fu l'incasso: sul campo, fra paganti e non paganti, non accorsero nemmeno diecimila persone. Ma, più di tutto, a risentire del maltempo, fu il terreno di giuoco. Pieno di acqua e cosparso qua e là di laghetti, esso era ridotto in condizioni tali da rendere impossibile, più che il controllo della palla, l'esattezza dei passaggi. Non parliamo poi della conservazione dell'equilibrio per i giuocatori. Di qua e là, fu, per tutto il primo tempo specialmente, un seguito solo di scivoloni e di rotoloni. A dominare le azioni in campo, fu, in simili condizioni, più il caso che la volontà degli uomini: e ciò spiega, da solo, alcuni degli errori commessi dagli attaccanti torinesi in area di rigore. Verso la fine del primo tempo la pioggia cessò gradatamente di cadere, ed allora la situazione migliorò di qualche poco. Ma, all'incirca alla metà della ripresa, un nuovo rovescio inondò tutti quanti, e l'incontro terminò in condizioni simili a quelle in cui aveva avuto inizio. Dopo alcuni minuti di incertezza dovuta allo stato del terreno, il Torino prese a dominare, e conservò quasi ininterrottamente l'offensiva per tutto il primo tempo. Il Catania si limitava a difendersi, ma non trascurava le occasioni di contrattacco che gli si presentavano. La difesa dei siciliani era però energica ed accorta. Energica anche fino al punto di meritare un paio di richiami da parte dell'arbitro. Il tedesco Szymaniak - il quale, detto tra parentesi, è un bel giuocatore sia dal punto di vista della tecnica come da quello delle prestazioni fisiche - si dedicava inizialmente a montare la guardia a Law, ma non trascurava di rendersi indipendente e di fare certe cose di sua iniziativa. Di decisivo comunque, non avveniva nulla da segnalare né da una parte né dall'altra: di notevole soltanto la traversa colpita da Prenna. All'ala destra dei padroni di casa, Albrigi si produceva in alcune fughe veloci ed in alcuni movimenti scaltri, ma, al c'entro, nessuna occasione veniva raccolta: erano gli attaccanti che scivolavano al momento culminante, era la difesa che intercettava o respingeva, od era il pallone che, colle più impreviste fermate o deviazioni, ingannava e batteva tutti quanti. Cinque o sei volte il pubblico gridò al successo che stava per maturare, ed altrettante dovette ricredersi. La ripresa era appena incominciata, che il Torino si portava finalmente in vantaggio. Era Bearzot, che, finito fra gli avanti, raccoglieva un passaggio di Law, e saettava in rete. Il portiere Vavassori, forse coperto da un compagno di squadra tardava di un attimo a gettarsi in tuffo sulla sua sinistra. Da quel momento i contrattacchi dei catanesi si facevano più intensi, mentre qualche leggero segno di stanchezza faceva capolino nelle file dei granata. Ma la mezz'ora stava avvinandosi, quando si presentava e questi ultimi l'occasione di consolidare il risultato. Un tiro di Crippa, portatosi sulla destra, veniva toccato colle mani prima da Rambaldelli e poi da Zannier. L'arbitro concedeva il rigore. Tirava Law, alto, sulla sinistra del portiere, e Vavassori, allungandosi tutto, riusciva a parare. Il giuoco diventava più aperto, coll'aumento del numero degli attacchi degli ospiti, ed al 31° minuto, su di un calcio d'angolo a loro favore, si verificava il fattaccio del pareggio. Bearzot deviava leggermente la palla, Zannier, unico a non essere marcato si proiettava in avanti, e, di testa, spediva in rete fra il corpo di Scesa ed il montante sulla sinistra del portiere. Uno a uno. I dieci minuti di serrate finale del Torino, non modificavano più il risultato. All'uscita, l'ex-presidente della, società, Morando, vera vittima di una situazione personalmente più incresciosa di quanto non si voglia dire, veniva fatto oggetto di una imponente dimostrazione di simpatia da parte del pubblico. |
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