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| Comunale |
| 25/11/1962 |
| h.14.30 |
| TORINO - ROMA 2-2 (0-1) Torino: Vieri, Scesa, Poletti, Buzzacchera, Bearzot, Rosato, Piaceri, Ferrini, Locatelli, Peirò, Crippa. All.: Santos. Roma: Cudicini, Fontana, Corsini, Pestrin, Losi, Carpanesi, Orlando, Angelillo, Manfredini, Charles, Menichelli. All.: Foni. Arbitro: Lo Bello di Siracusa. Reti: Manfredini 4', 51' (R), Locatelli 53' rig., 70' (T). Spettatori: 23.000 circa per un incasso di 19 milioni e 200 mila lire. Note: Ammoniti Poletti per gioco scorretto e Manfredini per comportamento ostruzionistico. Angoli 9-3 per il Torino, giornata bella ma fredda, terreno piuttosto allentato a causa del disgelo, il Torino scende in campo con la divisa bianca per dovere cromatico di ospitalità. Cronaca [Tratto da La Stampa del 25 novembre 1962] Partita dal tono battagliero e dall'andamento molto combattivo. Ma partita dal risultato giusto, se si tiene conto di tutto. La Roma ha conferito all'incontro una impronta nettamente difensiva. Il giuoco che essa ha svolto può essere definito come catenaccio, o come 4-3-3, od in altro modo ancora, a seconda delle designazioni che sono di moda al giorno d'oggi. La cosa non varia. Gli ospiti sono scesi in campo per difendersi, e per attaccare quasi esclusivamente con contropiede. Ed a questa tattica si attennero nel primo tempo per scelta e per volontà propria e nel secondo molto per imposizione dell'avversario. Il loro schieramento ha assunto spesso ed a lungo l'aspetto di un 6-1-3 più che quello di un 4-3-3. Perno della difesa, il centro mediano Losi, il quale si comportò egregiamente e fece una gran partita. Attorno a lui ed al suo fermo e sicuro contegno, si arroccò la intera difesa giallorossa, della quale Pestrin e Carpanesi fecero parte integrante e dalla quale Angelino stesso raramente giunse a staccarsi. Davanti, a cercare di cogliere i granata di sorpresa a mezzo di improvvise puntate, altri non rimasero, in permanenza se non Manfredini e Charles, col concorso intermittente più che continuativo delle due ali, Orlando e Menichelli. Di questo schieramento, il Torino rimase come succube per più della metà della durata dell'incontro. Attaccava, premeva: e non concludeva. Ancora, attaccava, ma con tutte quelle preoccupazioni che sono caratteristiche dei tempi moderni: guardandosi cioè ben bene dallo sbottonarsi troppo nelle linee arretrate, e mostrandosi quasi timoroso di spingere troppo a fondo. Cosi, urtando come in un muro chiuso ed impenetrabile per quanto riguarda il lavoro costruttivo, finì per cadere vittima due volte del contropiede avversario: all'inizio del primo tempo ed al principio del secondo. In ambi i casi, una incertezza od un errore di un difensore granata costituì l'elemento determinante della caduta. Nel primo, dopo un'ottima parata di Vieri, uno dei terzini tardò a liberare finché fu spodestato della palla e Manfredini poté spedire nella rete priva di difensori. Nel secondo, quando Poletti, diventato mediano al posto di Buzzacchera, colpi l'aria invece della palla, e lasciò via del tutto libera a Manfredini, che poté andarsene da solo a spedire In rete con un tiro di ottima fattura. Il Torino si trovò cosi a perdere per due reti a zero a meno di quaranta minuti dal fischio finale. Pareva spacciato, il Torino stesso. Pareva impossibile che esso potesse sfondare una difesa così compatta e così bene organizzata come quella della Roma. Fu proprio da quel momento invece che i granata presero ad andare alla riscossa. Come se avessero Infine compreso che la paura di perdere non aiuta a costruire né a salvare le situazioni scorbutiche, essi si riversarono in avanti colla intera loro prima linea ed anche con qualche cosa di più. E furono salvati, prima da un calcio di rigore e poi da un tiro di Locatelli sulla validità del quale 1 romanisti sollevarono qualche obiezione. Il tanto discusso Locatelli fu l'autore tanto del primo quanto del secondo punto. Le circostanze però che fecero da contorno o da occasione alle due reti in questione, non devono far pensare che il pareggio del Torino sia stato acciuffato esclusivamente col concorso della buona sorte. I granata, sostenuti a gran voce dal loro pubblico che si era risvegliato di colpo, condussero una mezz'ora di una offensiva cosi nutrita e serrata che scombussolò nettamente la estrema difesa dell'undici ospite. Nel corso della medesima, tre, quattro volte Peiro e compagni giunsero ad un soffio dal segnare. Il portiere romanista da solo, Cudicini, salvò la sua rocca dalla resa in due o tre occasioni. E Losi fece altrettanto. I quattro quinti della durata del secondo tempo videro il netto predominio dei padroni di casa, ed il successo pieno parve più volte essere alla portata loro. Ed il pubblico, che nella prima parte dell'incontro aveva assunto un'aria ammusonita alquanto, fini per lasciare il campo quasi lieto e soddisfatto. Aveva visto i suoi beniamini combattere con slancio e dedizione, li aveva visti vendere cara la pelle attaccando secondo lo stile che tanto gli piace, e ne aveva abbastanza. Come spesso avviene nelle cose del calcio, i due tempi della partita costituiscono una contraddizione l'uno dell'altro, e nel loro andamento e nelle tracce lasciate sul risultato. La Roma, che giuocò coll'attacco ancor più che dimezzato, come se puntasse tutto sulla difesa, vide ad un certo momento quest'ultima tremare e sconnettersi come se fosse stata scossa da una tempesta. Ed il Torino, che pareva inizialmente essere roso dal sottile veleno delie recenti diatribe, ha avuto, nel secondo tempo, una reazione chiara, forte, impetuosa, convincente, una reazione che, oltre a ricordare la bontà di certe semplici teorie antiche, ha richiamato alla memoria i bei tempi del passato. Pure incompleto e rabberciato come era, l'undici granata ha finito per fare una buona prova e per riaprire il cuore alla speranza dei suoi fedeli sostenitori. |
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