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Comunale
25/01/1970
h.14.30
TORINO - INTER 0-0
Torino
: Pinotti, Depetrini, Fossati, Puia, Cereser, Agroppi, Carelli, Facchinello, Petrini (all'85' Petrini), Moschino, Sala C. A disposizione: Sattolo. All.: Cadé.
Inter: Vieri, Burgnich, Facchetti, Bellugi (al 63' Bedin), Landini, Cella, Reif, Mazzola, Boninsegna, Bertini, Suarez. A disposizione: Girardi. All.: Herrera.
Arbitro: De Marchi di Pordenone.
Reti: -
Spettatori: 33.827 di cui 28.554 paganti e 5.273 abbonati per un incasso di 47.889.800 lire.
>Note: Espulso per doppia ammonizione Depetrini all'83'.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 26 gennaio 1970]
Forse chi, tra i ventidue in campo, conosce il football, ha rinunciato quasi subito, come restio a lasciarsi intrappolare in una gara caotica. Lo zero a zero tra Torino e Inter è non solo un risultato, ma una pagella collettiva. Partite come questa rimandano a casa migliaia di persone deluse, che vagamente riescono a ricordare un pallone giocato discretamente, un'azione lineare, uno spunto non diciamo mirabile ma perlomeno decente. La maggior parte della gara è consistita in un affannoso sgambettare a centrocampo, trenta metri di terreno fortificati da decine di scarpe, di teste, di ginocchia. Nerazzurri e granata si pigiavano in uno spazio minimo, rarissimamente decidendosi per un lancio lungo, un'apertura, un pallone spedito in profondità. Erano tutti centrocampisti: dal terzini alle mezze ali, dai centravanti agli stopper. Lo zero a zero non poteva che essere il magro frutto di tanta povertà d'iniziativa. Il Torino ha costruito tre palle-gol nel primo tempo, l'Inter una sola. Nel secondo i nerazzurri ne hanno abbozzate un paio e i granata nessuna. Eppure non sembravano rinunciatari. Forse un eccesso di tatticismo ha spento fin da principio invenzioni ed iniziative, forse c'è già chi pensa al risparmio, e molte figure di primo piano della squadra milanese sono ormai il fantasma di ciò che apparvero anni fa. Un risultato bianco impedisce di aggrapparsi alla cronaca per archiviare in qualche modo una partita; forse vale solo la pena di ricordare la disperata respinta di Vieri sulla linea di porta, su un colpo di testa di Carelli. Meglio non sprecare spazio in inutili elenchi di minuti e passaggi o passaggetti sbagliati, in superflui riassunti di azioni senza esito e magari nate senza convinzione. Sotto la vernice della possibile cronaca non rimarrebbe nulla. Gli allenatori hanno messo in campo anche i due tredicesimi, ma senza riuscire a spremere di più dalle proprie squadre. Forse è opportuno, per una volta, non far nomi, almeno per quanto riguarda la partita. Se invece badiamo alla tenuta e alla forma di alcuni singoli, allora bisogna dire che vari uomini destinati al Messico sembrano decisamente giù di tono: dal terzino Burgnich alla mezzala Bertini, per esempio. Facchetti si è salvato sparando due palloni parati da Pinotti, ma tutta la difesa interista soffre della ressa dei suoi centrocampisti, che non costruiscono gioco per le punte, non solo, ma non proteggono a sufficienza il reparto arretrato. Ai granata è mancato lo spirito aggressivo che quasi sempre dà carburazione alla squadra: solo Carelli e Puia hanno spinto a dovere. Gli unici parsi veramente a posto sono stati i due portieri, che si buttavano in tuffo persino su palloni destinati oltre il fondo, certo, per sgranchirsi un poco ed evitare il gelo. Al 35' del secondo tempo l'arbitro ha espulso Depetrini per un doppio fallo su un attaccante nerazzurro. Era a pochi passi dall'azione e non è su queste che vogliamo criticare De Marchi. Semmai ci è parso arbitro dalle idee confuse e dalle interpretazioni molto personali in altre occasioni. Solo un paio di volte su almeno quindici ha visto giusto applicando la regola del vantaggio, spesso ha lasciato correre falli e fattacci vistosi, o ha attribuito punizioni inesistenti. La sua gesticolazione da direttore di grande orchestra è sembrata eccessiva, perché uno stadio non è il teatro d'opera, tranne i cori di fischi che inevitabilmente finiscono per seppellire ogni mossa di un giudice che vuol assumere il ruolo eli protagonista. E cori e cori ce ne sono stati, eccome. Pochi avranno capito le oscure ragioni per cui Cade ha fatto entrare in campo Ferrini, a sei minuti dalla fine, quando lo stesso Ferrini sarebbe forse stato più utile prima. E pochi avranno capito perché Heriberto ha sostituito Bellugi, il più in forma del pacchetto difensivo dell'Inter, con Bedin. Ma sono sfumature senza peso, vaghezze che non contano, quando il calcio decide di darsi una forma cosi ermetica, pressoché intraducibile in parole. Non nascondiamoci dietro le esasperazioni del tifo e diciamo apertamente: la lunga marcia dei sostenitori appiedati dagli scioperi tranviari e che hanno raggiunto lo stadio con volontà quasi commovente non ha certo incontrato la ricompensa giusta. A parte il gruppetto di coloro, ormai disamorati della partita, che si divertiva a contare i pelati in campo. Ce n'era quasi una mezza dozzina. Che ci si stia avviando ad incontri tra calvi e capelloni, come sulle spiagge delle vacanze tra scapoli e sposati? In football, niente ci stupisce più.