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Comunale
04/11/1973
h.15.00
TORINO - INTER 2-2 (0-1)
Torino
: Castellini, Lombardo, Fossati, Mozzini, Zecchini, Salvadori (all'80' Mascetti), Rampanti, Ferrini, Bui, Vernacchia, Pulici. A disposizione: Sattolo, Graziani. All.: Giagnoni.
Inter: Vieri, Bini, Facchetti, Fedele, Bellugi, Burgnich, Massa, Oriali, Boninsegna, Bedin, Moro (all'80' Bertini). A disposizione: Bordon, Magistrelli. All.: Helenio Herrera.
Arbitro: Michelotti di Parma.
Reti: Fedele 30' (I), Pulici 47' (T), Boninsegna 57' (I), Mozzini 59' (T).
Spettatori: 47.156 di cui 14.836 abbonati e 32.320 paganti per un incasso di 77.455.900 lire.
Note: Ammonito Pulici per proteste e Rampanti per non aver rispettato la distanza della barriera.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 5 novembre 1973]
Dicevamo ieri: sarà una tonnara, con conseguente mattanza a centrocampo, visto che tutte e due le squadre sono prive dei lumi d'un Sala e di un Mazzola, visto che tutti e due gli allenatori non possono perdere. Ma a questa tonnara aggiungiamo pure quattro merluzzi, cioè i gol. Sono tanti (come domenica scorsa allo stesso Comunale tra Juve e Lazio) ma dipendono esclusivamente dagli erro i delle opposte difese, pescate su palloni che potevano venire controllati a dovere. In caso contrario, Toro e Inter avrebbero consumato centinaia di bulloni e palloni prima di andare a segno. Se si leva l'agonismo, una certa dinamica fisica, alcuni orgogliosi spunti personali (dal turbinio di Pulici alle finte intelligentissime di Boninsegna alle chiusure di Mastro Burgnich opposte ad ogni corridoio altrui) la partita è da considerare più che mediocre. Infoltito di gregari tanto volonterosi quanto poveri di ideeguida, anche se allenatissimi, il centrocampo ridotto a tonnara non esprimeva gioco. Correvano anche troppo, ad esempio un Fedele, gran portatore d'acqua e talora abile nello sfruttare le fasce vuote: ma noi temevamo, ad un certo punto, che a furia di gettarsi avanti prendesse d'infilata la scaletta degli spogliatoi anziché frenare ed agire sul pallone. In ogni modo H.H. non è disceso alle auspicabili proporzioni della sua sigla, che vorremmo scrivere in minuscolo, cioè ''h.h.''. Porta via un punto da Torino e se ne gloria come fosse Austerlitz. Con Sala e Mazzola in campo, per chi sarebbe stata Waterloo? Certo anche il signor Michelotti salva le penne, pur non meritando oltre un 5 in pagella. Finto duro, l'arbitro parmigiano nega un rigore grande così, sorvola su regole del vantaggio e falli macroscopici, ammonisce a capocchia. Torni alla sua ben nota officina moderando le pretese di giudice internazionale. Ci vuole altra stoffa per simili galloni, anche se si ha la fortuna di non rovinare una partita di per sé magra, confusa e che ricordava tanto il calcio periferico di molti anni fa. Quattro gol, dicevamo, a compensazione di quattro svarioni difensivi: vanno raccontati. E' il 29', su un affondo di Massa quattro o cinque granata fanno da incuriositi spettatori. Il dribblomane nerazzurro ad un certo punto non sa più che farsene del pallone e lo scaraventa verso Castellini, ma qui è in arrivo Fedele che a sua volta si distorce tra quattro birilli torinesi dichiaratamente immobili e mette in gol. Tutti guardavano Boninsegna, che è doppiamente furbo, per sé quando è l'ora e per gli altri quando gli tocca di risucchiare i difensori. Passa poco tempo, si arriva al 37', Pulici riceve palla da un cross di Fossati, Bellugi gli opera una magnifica tenaglia serrandogliela e ribadendogliela poi addosso, e a terra, proprio sul dischetto del rigore. Michelotti alza un dito. Penalty? Macché. Si prosegua. Le urla divorano l'aria nebbiosa, un gigantesco cuore nerazzurro sul fondo di un bandierone bianco tremola sollevato come una crème caramel. E si arriva al 47': cross da destra per Pulici, come sempre, visto che il gioco d'attacco del Torino verticalizza solo per Paolino, tocco di destro a due passi da Vieri. E' un tocco chiaramente affrettato e quindi sbagliato, ma Vieri sbaglia di più, perché si fa letteralmente attraversare - mani e piedi annaspanti - ed il pallone finisce in rete. Uno ad uno, si ricomincia. Eccoci al 56': fuga di Massa sul lato sinistro del campo, cross per Boninsegna stavolta libero come un uccello, con grandissima goduria sua il Feroce Saladino tocca di destro verso Castellini, impotente a parare ma non a strillare contro i suoi compagni. Due a uno. Ma si vendica, al 58', cioè solo due minuti dopo, Mozzini, che ha sulla coscienza il secondo gol interista (in società con Zecchini, che è libero solo dove può battere, ed anche male, il piedone sinistro). Punizione di Ferrini dai tre quarti, bailamme di teste e gambe roteanti, rimpallo che favorisce Mozzini il quale infila tra un mucchio di nerazzurri stupitisi di trovarselo a due metri dalla porta. Insomma, pur ansimando e sempre alla ricerca di schemi decentemente autorevoli, il Torino recupera in due occasioni contro la cosiddetta magna Inter e resiste, seppur col fiatone, al forcing finale dei nerazzurri helenizzati. Per tracciare un quadro tecnico completo della partita bisognerebbe godere d'una pagina intera. Il Torino di oggi non è riuscito a portare a fondo alcune mosse: Salvadori su Fedele ha patito risucchiamenti pericolosi, mentre, con quei piedi brutti e tuttavia corretti da una grande diligenza è più adatto a controllare un attaccante vero. Fedele ha fatto il bello e cattivo tempo ispirando almeno una ventina di contrattacchi interisti, velocissimi anche se traditi proprio dall'eccesso di velocità. La stessa cieca veemenza agonistica intorbidava le trame granata: Bui, controllato con eleganza da un Facchetti sempre in palla, riusciva solo a far da sponda con passaggi indietro, Ferrini arrotava e arroventava i bulloni nei tackles ma rallentando troppo il gioco, Rampanti e Vernacchia (visto lottare con grandissimo, inusitato animo) cercavano Pulici, che ha duellato alla brava con un altro pirata suo pari, cioè Bellugi. Il gioco degli uomini di Giagnoni s'improvvisava alla meglio, scadendo però in difesa, dove Zecchini sbatte via palloni agibili con la sua scarpaccia sinistra anche quando potrebbe domarli e batterli meglio, dove il meccanismo intero del pacchetto arretrato fa soffrire la vista tifosa e critica per sgangheratezza d'insieme e stordita dei singoli. Di fronte, l'Inter stava chiusa a riccio (cioè, per ripeterci, creando tonnara) infoltendo lo spazio centrale. Governata da un Burgnich che ha perso un pallone solo in novanta minuti, battagliera e anche cattiva (Michelotti permettendo) in Bellugi ed Oriali, alla squadra nerazzurra bastava forse uno zero a zero. Così si è disposta ad agguantarlo, ringraziando poi per gli errori granata in difesa e lamentando i propri. E' migliorato Bini, opposto a Rampanti, e verso la fine della gara in grado di compiere pericolosi raids offensivi (ma al 71', trovatosi un ottimo pallone fintato da Boninsegna. Lo spreca di piatto su Castellini: migliori finché vuole, non sarà mai un Giacinto Magno, il nuovo gigantone interista). Sullo sgobbare di Fedele e di Bedin-sette-vite, la squadra meneghina ha sfoderato tutta la sua prevista condizione atletica, sprecando anche un paio di ottimi palloni-gol (Massa al 75' e Moro al 79'). Il forcing finale è stato tutto suo, all'insegna della buona saluta e della velleità di tanti gregari. Vieri si è riscattato dalla papera del primo gol salvando due volte la sua porta con voli e deviazioni su tiri di Bui e Pulici verso la metà della ripresa, mentre Castellini ha addirittura respinto un pallone con una capocciata (74') ovviamente casuale. Ma tutto sommato è evidentissimo che gli schemi di gioco vanno più studiati non solo in funzione di tattica contro la tattica altrui, ma allo scopo di perfezionare le possibilità di manovra. Su una gara condotta al ritmo di un fox-trot tutto ritmo-ritmo, i tifosi versano parole benevole. Figuriamoci i responsabili. La divisione dei punti accontenta tutti, persino un Michelotti. Ma il lavoro in profondità del Torino, come anche quello dell'Inter, va spinto a tutta forza. Con metodo, applicazione, con indispensabile fantasia. Altrimenti si arriva al calcio tritato, cioè a un'insalata di polpacci che ruotano vorticosamente non sapendo che farsene del pallone. Dicevamo ieri e sempre: in questo campionato non si può non essere severi. Ebbene, con tutto il rispetto, dei ventidue, anzi dei ventiquattro uomini visti al Comunale ne salveremmo, pescando qua e là, undici. Cioè una mista ipotetica. Il Toro deve offrire di più. L'Inter anche. Sono pedine indispensabili al nostro campionato in brache di tela. Tranne alcuni celebri personaggi (da Facchetti a Burgnich allo stesso Pulici, ad un Rampanti costretto a ricucire come un maestro di sartoria in ogni spazio) tutti gli altri si diano da fare. Magari ripensando al pallone, che non è un ciottolo da sbatter via, e neppure una bomba sul punto di scoppiare, ma, fino a prova contraria, un oggetto utile e leggero, adatto appunto al football.